Prati grassi vs prati secchi: l’importanza ecologica dei prati secchi
Prati secchi, vi dice niente?
Chissà quante volte, come me, l’avrete notato scritto nelle tabelle poste lungo trekking da fare a piedi o in mountain bike chiedendovi di cosa si trattasse. Ebbene, i prati secchi sono superfici erbose scarsamente produttive a causa della loro ubicazione in siti caldi e aridi, ma che presentano una ricca varietà di piante e animali rari e specializzati. Essendo il rendimento agricolo piuttosto scarso, il mantenimento di queste superfici avviene tramite uno sfruttamento di tipo estensivo a pascolo o a sfalcio, senza l’apporto di concimazione e l’utilizzo di prodotti fitosanitari.
Questa definizione didascalica potrebbe non esercitare un grande fascino ma i prati secchi custodiscono varietà animali e vegetali davvero rare e preziose; pensate che in Svizzera due terzi delle specie di piante trovano casa proprio nei prati secchi e di queste il 37% sono rare o minacciate.
Parlando invece di fauna sappiate che quasi la metà delle farfalle vivono proprio nei prati secchi.
In tempi nei quali l’unica agricoltura possibile era quella di sussistenza, la gente saliva all’alpeggio durante l’estate, coltivava i campi vicino ai villaggi e falciava i ripidi prati per avere foraggio per sfamare il bestiame durante l’inverno. Il lavoro fatto dai contadini è sempre stato fondamentale per garantire la biodiversità e su quest’ultima ha avuto un grosso impatto. Se un prato lavorato in maniera intensiva non conta più di venti specie, un prato secco ne ha quattro volte di più!
Uno dei fiori più conosciuti, la peonia selvatica, in tutto il territorio elvetico trova casa solo nei prati secchi della Val Mara e del Generoso!
La drastica diminuzione delle attività del settore primario, la progressiva urbanizzazione, la difficoltà di accesso di alcune aree e l’impossibilità di praticare un’agricoltura meccanizzata ne hanno favorito l’abbandono causando la perdita di questi preziosi scrigni di biodiversità e lasciando posto al bosco.
photo credit: Trifolium
Dal 1945 ad oggi, la Svizzera ha perso il 90% dei propri prati secchi. Cosa dite, vi ho convinti ad approfondire?
Dopo aver compiuto le mie ricerche avevo davvero bisogno di qualcuno che mi facesse toccare con mano la cosa ma che mi raccontasse anche una bella storia perché diciamocelo, le premesse non sono incoraggianti ed io le farfalle le vorrei vedere ancora volare 🙂
Così, durante il festival della natura, ho deciso di partecipare ad una escursione guidata da dei biologi a Rovio, in Val Mara.
Mi piace moltissimo questa valle, selvaggia quel che basta per riuscire a preservarsi, collegata alla Valle di Intelvi da una dogana da brivido, vanta forse l’accesso a piedi più corto al Generoso…ma anche il più ostico naturalmente! Dall’altro lato il Ceresio, piatto come una tavola dà bella mostra di sé.
Le origini di Rovio sono molto antiche, vi basti sapere che per le fontane pubbliche sono stati usati dei sarcofagi romani!
Il prato secco calcareo di Salèra, obiettivo della nostra passeggiata, è davvero un bell’esempio della stretta relazione che si può formare tra agricoltura tradizionale, sostenibilità e biodiversità. Un luogo incantevole, inserito tra il caratteristico Monte Sant’Agata e le imponenti cime del Monte Generoso, Salèra offre la possibilità di immergersi in un mondo reminiscente di tempi passati.
Grazie ad un progetto di messa in rete al quale hanno lavorato duramente anche i biologi di Trifolium (le guide di quella piacevole escursione) e il WWF Svizzera assieme all’Ufficio per la Natura e il Paesaggio, sul Monte Generoso gli agricoltori locali hanno cominciato a lavorare i prati secchi. Falciati una volta l’anno, questi prati sono anche utilizzati come pascolo per brevi periodi.
I motivi della perdita progressiva di questi ambienti sono chiari, è necessario invertire la tendenza e la Val Mara sta dimostrando che ciò è possibile. L’agricoltura intensiva e il massiccio uso dei fertilizzanti rendono i terreni più produttivi ma più poveri da un punto di vista ecologico, allo stesso tempo i prati scomodi e ripidi vengono lasciati al loro destino perché mantenerli è antieconomico.
Certo, questa non è che una delle tante emergenze ecologiche che si scontrano con il nostro sistema economico e la presenza massiccia ed impattante dell’uomo, ma credo che indagare e conoscere la realtà possa aiutare a fare la differenza. La curiosità in fondo, è il motore che ci spinge ad approfondire e sviluppare idee per poi cambiare le cose.