
L’Isola Comacina e la festa di S.Giovanni
Qualche settimana fa ho fatto un giro in canoa partendo dal porticciolo di Colonno, che vanta tra le altre cose anche una splendida spiaggetta di sassolini attrezzata con doccie pubbliche, alla volta dell’Isola Comacina e di Villa del Balbianello a Lenno.
Era da quando ho percorso la prima volta la Greenway, un itinerario splendido che si snoda tra i paesini alternando tratti in riva al lago a tratti in collina, che meditavo d’andarci in canoa per poterla apprezzare dall’acqua, senza fretta.
Che dire, l’itinerario s’è rivelato davvero spettacolare, un brulicare di barche e Lucie (la barca tradizionale del Lago di Como, puoi approfondire qui) nelle acque che circondano la conca detta Zoca de l’Oli per via dell’olio prodotto in quest’area; le oche e i germani reali a far la guardia sulla spiaggia a nord dell’Isola e poi le ville che ti lasciano senza parole da quanto son belle e curate.
Se avete voglia di visitarla, qui trovate le info necessarie per organizzare la vostra visita.
Avevo sentito parlare della Festa di San Giovanni, che si tiene a fine giugno, come la più bella del Lario per i fuochi d’artificio e l’incendio all’Isola…ma perché incendiano l’Isola? A ricordo di cosa? La mia curiosità è stata appagata da storie e leggende davvero interessanti.
La festa ha ormai quasi sei secoli, e ricorda la devastazione dell’isola Comacina, avvenuta il 24 giugno del 1169, da parte dell’imperatore Federico Barbarossa che, con l’aiuto di Como, le diede fuoco distruggendo ogni abitazione presente.
Già dai primi anni dell’anno mille, era molto forte la rivalità tra Como e Milano. La più importante causa del contendere era il controllo delle principali vie di comunicazione e dei valichi alpini che già nel 1118, portò alla così detta “Guerra dei dieci anni”.
Nel conflitto, tutti i comuni del Lario compresa l’isola Comacina, si schierarono a favore del capoluogo lombardo. Per due volte, nel giro di pochi anni, dal 1119 al 1121, l’isola ebbe la peggio. La rivincita, completa e devastante, giunse nel 1127 quando Como, dopo un lungo assedio, si arrese e venne distrutta.
La sconfitta indusse i comaschi ad approfittare dell’ennesima discesa in Lombardia da parte di Federico Barbarossa, per allearsi con lui in funzione anti-milanese. Nel 1169, dopo aver praticamente distrutto il capoluogo lombardo, l’isola si trovò completamente in balia di Como e venne invasa e data alle fiamme.
Distruzione di fortificazioni, di case, della basilica di Sant’Eufemia che custodiva le reliquie dei Martiri donate nel quinto secolo da Sant’Abbondio. Venne bruciato tutto quello che c’era e venne sparso del sale per non fare cresce più nulla. L’Isola non rinacque più e i pochi superstiti si trasferirono a Varenna, allora “Insula Nova”, portandosi dietro le reliquie. Oltre il danno la beffa, l’isola venne anche scomunicata dal vescovo di Como.
Anche Como, colpevole di aver distrutto le chiese dell’isola, subì una scomunica da Papa Alessandro III. Barbarossa, volendo accertarsi che la Comacina non potesse più risorgere in tutta la sua potenza, in un decreto del 1172 proibì in via assoluta la ricostruzione del castello dell’isola.
E questa è la storia dell’unica isola del Lario che vanta però anche numerose leggende intriganti.
La prima porta addirittura al Sacro Graal. Giuseppe d’Arimatea, una volta lasciata la Palestina, si rifugiò in Britannia con il Sacro Graal, dove rimase per cinque secoli, affidato ai sacerdoti della chiesa Aquae Sulis. Nel VI° secolo, a causa dell’avanzata di eserciti pagani, si volle portarlo in un luogo più sicuro. Un sacerdote s’incaricò di portarlo a Roma dal Papa ma quando arrivò all’Isola Comacina, a causa dell’invasione dei Longobardi, fu costretto a fermarsi. Al Sacro Graal venne dato il merito della resistenza riuscita contro i Longobardi, e sull’isola fu costruita una chiesa in suo onore. Con la vittoria dei Longobardi si cercò quindi di portare in salvo il Sacro Graal, nascondendolo in un posto sperduto in Val Codera, dove si sono poi perse le sue tracce nei pressi del Saas Carlasc.
Non a caso sin dai tempi dei Bizantini, l’isola viene chiamata Cristopolis (Città di Cristo), per altri storici “Crisopoli”, da intendere “città d’oro”.
Quello che è vero e storicamente provato, è che divenne una sorta di baluardo della cristianità, tanto da contare ben nove chiese nella sua modesta superficie.
La seconda leggenda invece, ci porta a tre secoli dopo la devastazione dell’isola.
Ogni anno a giugno gli abitanti del tempo, vedendo i loro raccolti distrutti da violente grandinate, implorarono la protezione di San Giovanni Battista.
Il santo, in veste di pellegrino affamato e stanco, comparve improvvisamente dal nulla a un contadino di Campo di Lenno, il quale non rifiutò di offrire quel poco che aveva. Il pellegrino lo ringraziò e gli disse di recarsi sull’isola Comacina, di scavare in un punto preciso sotto un noce e poi scomparve nel nulla com’era arrivato.
Il contadino raccontò la storia ai vicini, alcuni lo presero per matto, altri gli credettero, così andarono a scavare nel punto indicato dal misterioso viandante. Apparve una lastra marmorea, una pietra d´altare candida e finemente scolpita con alcune scene della vita di San Giovanni Battista e a lui, naturalmente, è dedicata la Chiesa che a furor di popolo venne eretta nel punto esatto del ritrovamento.
Da allora i furiosi temporali cessarono e si tenne una processione che si ripete ogni anno, con contorno di feste e luminarie notturne.
Divenne tradizione mangiare, per l’occasione, polenta e lumache in umido. Qualcuno pensò di utilizzare i gusci vuoti dei molluschi: con un pò di olio e uno stoppino divennero lumini, da qui il nome di lumaghitt.
Da allora la sera della vigilia il lago viene sfarzosamente illuminato, non solo con i lumaghitt, ma anche con ceri e luci elettriche collocate nelle barche, sui balconi delle case.
La tradizione popolare vuole che legata all’isola vi sia una maledizione secondo la quale chiunque decida di abitarla è destinato a morte immediata. Questa leggenda, tramandata nei secoli, è probabilmente legata al verosimile divieto di rioccupare l’isola imposto dal Barbarossa e dalla scomunica del vescovo di Como, Vidulfo: “Non suoneranno più le campane, non si metterà pietra su pietra, nessuno vi farà mai più l’oste, pena la morte violenta”.
Da allora nessuno più tornò ad abitare sull’isola Comacina a causa della maledizione. Questo fino al 1948, quando incuranti della maledizione che incombeva sull’isola da secoli, l’imprenditore della seta Carlo Sacchi e il campione di motonautica Sandro De Col, contattano Lino Nessi proponendogli di impiantare un ristorante nell’isola allora abbandonata.
Carlo Sacchi, nella notte tra il 15 e 16 settembre 1948, venne ucciso a Villa d’Este dalla contessa Pia Bellentani, in uno di quei casi di cronaca nera che rimase negli anni. Anche Sandro De Col morì tragicamente a 47 anni a Lione il 2 luglio 1950 sulle acque del Rodano, dopo aver vinto l’ennesima corsa.
Lino Nessi, considerati gli eventi funesti, avrebbe voluto abbandonare il progetto ma lo scrittore inglese Francis Dale gli suggerì di provare con l’esorcismo del fuoco simile a quello che i greci praticavano come rito di ringraziamento. Da allora non successe più nulla di tragico e ogni volta che qualcuno onora la mensa della Locanda dell’Isola, si svolge il rito del fuoco.
Lo spettacolo dei “lumaghitt” ha inizio all’imbrunire l’insenatura della Zoca de l’Oli e tutte le zone circostanti, vengono illuminati con ceri, lampade e quant’altro serva a dare luce.
Nel golfo tra Ossuccio e Sala Comacina, è tutto un brulicare di barche, motoscafi, battelli illuminati e Lucie.
Il golfo dove si estende l’isola Comacina regala un meraviglioso gioco di luci in attesa delle ore 22.30 quando inizia lo spettacolo pirotecnico, il cosiddetto “incendio dell’Isola”: dodici bocche di fuoco e centinaia di lampade disposte lungo il perimetro dell’isola rievocano, a suon di musica, l’incendio appiccato dai Comaschi il 24 giugno del 1169 per punire le popolazioni del lago schierate contro l’imperatore Barbarossa.
Io me lo son goduto da Lezzeno, sulla sponda opposta…se non volete trovarvi imbottigliati nel traffico può essere un’opzione da considerare!