
Il Boccalino, simbolo di un Ticino autentico
Avete mai bevuto da un “Boccalino”? Se la risposta è no, allora dovreste provare…magari in un caldo pomeriggio estivo, all’ombra di un pergolato di uva americana, comodamente seduti su un cuscino adagiato sopra una panca di granito. In un grotto ticinese insomma 🙂 Questa foto l’ho scattata in quel di Biasca, lì c’è addirittura una intera via disseminata di grotti, ma questo è solo un esempio, basta cercare con un po’ di attenzione e ne troverete in tutto il Cantone.
L’origine del boccale panciuto e ansato, di varie dimensioni, è antichissima. Gli esemplari più antichi risalgono all’VIII – VII secolo prima di Cristo, con la diffusione dell’uso del tornio veloce per la produzione delle ceramiche domestiche.
Il boccalino, secondo il dizionario della lingua italiana del Tommaseo, edito a Torino nel 1865, è il “diminutivo, quasi vezzeggiativo di boccale. Riguarda la forma non grossa o la materia non rozza”.
È panciuto, rastremato verso il piede, con bocca trilobata. Il lobo contrapposto all’impugnatura è più prominente degli altri due e forma un beccuccio. La bocca è collegata alla pancia da un breve collo appena accennato. È dotato di un’impugnatura, opposta al beccuccio.
Il boccalino “ticinese” è alto 9,5 centimetri.
Giunge in Ticino nel XIX secolo, portato dagli emigranti che avevano imparato a usarlo in Lombardia, in Piemonte e persino in Toscana, dove era molto diffuso.
Molti erano infatti i fornaciai ticinesi che facevano la stagione in Piemonte e lo portavano con sé al rientro in patria. Nel Mendrisiotto era molto diffuso soprattutto negli esercizi pubblici e per uso familiare mentre nel Sopraceneri veniva usato quasi esclusivamente nei grotti. In alcune osterie gli avventori abituali disponevano persino del “boccalino personale numerato”, appeso a un gancio infisso sotto un ripiano dietro il bancone di mescita.
Era conosciuto anche con il nome di “Quintin” in Ticino e Grigioni Italiano perché la sua capienza è di 1/5 di litro.
Nella fascia di confine era detto anche “quartin”; sul versante italiano della frontiera la misura di 2 decimi e mezzo è più diffusa.
A partire dagli anni cinquanta, sull’onda del grande afflusso di turisti provenienti dal nord delle Alpi, il boccalino assurse a simbolo dell’allegra rusticalità e dei piaceri conviviali mediterranei tipici degli abitanti del Canton Ticino. Gli addetti alla promozione turistica ne fecero, assieme alle zoccolette, un emblema pubblicitario, ed una produzione artigianale quasi industrializzata inondò i negozi di souvenir e di chincaglieria varia con boccalini di ogni sorta – per la gioia dei turisti, che non potevano lasciare il Ticino senza averne acquistato un set. Con la crisi degli anni settanta però, venne il momento della riorganizzazione dell’offerta turistica, che non doveva più orientarsi verso un turismo di massa, comunque in calo, ma verso un turismo di qualità. Non più le orde di turisti alla ricerca di rusticalità erano le benvenute, bensì una clientela scelta e raffinata, amante della natura e della cultura, dei maestri ticinesi dell’architettura antica e moderna, della tranquillità e dell’armonia, dell’italico buon gusto. O per lo meno questo era il desiderio.
Ora le cose sono nuovamente diverse e credo proprio che questo nostalgico simbolo tornerà a riprendersi il suo posto in un Ticino autentico dove (fortunatamente) ancora sopravvivono grotti e pergole di uva americana, tavoli di granito e campi da bocce. Perché ritrovarsi a tavola dopo aver fatto fatica o per festeggiare, è una abitudine tipica di questi luoghi, è nella natura stessa delle cose e delle sue genti…e devo dire che mi trova perfettamente d’accordo!