La Farina bóna, volano per lo sviluppo della Valle Onsernone
Adoro i mulini ad acqua, mi ispirano vitalità e gioia…prima o poi ci trascorrerò qualche notte cullata dal rumore della ruota azionata dal torrente. La Valle Onsernone esercita per questo motivo un grande fascino su di me, impervia, stretta, incontaminata e piena zeppa di mulini.
Ci sono stata più volte per diverse ragioni ma oggi vi voglio parlare dell’ingrediente principale della birra, dei biscotti, del cioccolato e del gelato che adoro: la farina bóna. Sono esempi di utilizzo alternativi, la farina bóna la apprezzerete soprattutto nella polenta!
Ma che cos’è?
Foto: www.farinabona.ch
Si tratta di una farina di granoturco (Zea mais), ottenuta macinando molto finemente la granella tostata. Le sue caratteristiche principali sono la tostatura del mais e il tipo di macinatura, molto fine, grazie all’impiego di macine speciali, particolarmente lisce, come quelle ancora presenti nei mulini di Vergeletto, un comune ticinese di appena 90 abitanti.
In passato la farina bóna integrava quotidianamente la dieta degli Onsernonesi accompagnata a latte, acqua o vino, ma il cambiamento delle abitudini alimentari intervenuto nel secondo dopoguerra ne ha ridotto progressivamente l’importanza e alla fine degli anni ‘60 del Novecento – quando l’ultimo mugnaio onsernonese ha cessato l’attività – la produzione è stata abbandonata. L’origine della farina bóna non è nota. Nella memoria di diversi anziani di Vergeletto è ancora vivo il ricordo della farina sec’a (chiamata così per differenziarla dalla farina verda, macinata senza essere tostata) prodotta di Annunziata Terribilini, detta Nunzia (1883-1858), che tostava i chicchi di mais in padella fino a farli “scoppiare” e renderli bianchi, per poi macinarli. I chicchi “scoppiati” (i popcorn per capirci) erano chiamati “ghèl” – galli, in italiano – poiché presentavano una sorta di cresta bianca. In passato la farina bona si mangiava mescolata ad acqua o latte (freddo o caldo), con mirtilli, fragole o vino, mentre oggi è impiegata nella preparazione di gelati, birra, grissini, biscotti, mousse, torte, späzli, minestre e così via.
Se vi va di approfondire, questo video farà al caso vostro.
Slow Food è intervenuta dichiarando la farina bóna presidio e da allora, fortunatamente, si sono innescati una serie di meccanismi di protezione e valorizzazione che stanno contribuendo alla commercializzazione di questa particolare farina che, ricordiamolo, è prodotta con mais che viene coltivato esclusivamente in Ticino.
Nel 1991 il Museo Onsernonese ha restaurato il Mulino di Loco, un mulino ad acqua con macine in pietra, risalente al 18° secolo che ora è attivo e produttivo. Situato in prossimità della strada cantonale, sopra un dirupo che sovrasta la spettacolare cascata del riale Bordione, il mulino di Loco – unitamente a quello di Vergeletto – è rimasto la testimonianza viva dell’importante attività molitoria di tutta l’Onsernone, dove alla fine dell’Ottocento si contavano ben ventisette mulini in funzione, ora quasi tutti scomparsi o inattivi.
Al piano superiore, vi è un’esposizione didattica che illustra la storia e le tecniche di macinatura dei cereali, mentre al piano inferiore vi è il locale con le macine in pietra, messe in movimento dalla ruota ad acqua esterna. La farina da polenta e la farina bona sono venduti direttamente durante le ore di apertura del mulino e del museo.
Dimenticavo, domenica 3 settembre a Vergeletto c’è la Festa della Farina bóna, provare per credere 😉