Se lo guardi bene, il Coronavirus è un po’ come la neve.

La prima cosa che mi è venuta in mente quando s’è parlato per la prima volta di Coronavirus è stata la neve. Si, proprio la neve. Cosa ha a che fare la neve con un virus così tenace? Sono entrambi capaci di scombinare le carte, di costringerci a trovare soluzioni differenti, di ovattare. Mi è sempre piaciuta un sacco la neve proprio per questa sua capacità; è come se la Natura ci volesse far rendere conto che per quanto ci danniamo, non siamo noi a decidere tutto.
E così è il Coronavirus. Se evitiamo di concentrarci sulle perdite umane ed economiche, contro le quali possiamo fare un po’ poco se non prevenendo e supportando, ci rendiamo conto che ci sono anche altri aspetti da considerare.
Ricordate i blocchi delle auto? I primi, quelli che bloccavano ogni sorta di veicolo a motore per una domenica intera? Non mi interessa indagare l’efficacia della manovra ma l’effetto sulle persone dotate di buona salute. C’era chi si disperava perché non si sarebbe potuto muovere nel giorno di festa, la quasi totalità purtroppo, e chi si riappropriava della propria città con i mezzi più disparati. A pensarci lo sento ancora il vento fra i capelli, il fruscio dei miei rollerblade in centro strada e il silenzio. Accidenti il silenzio! I rumori artificiali influiscono sulla nostra salute, il Coronavirus ha diminuito di molto il disturbo e sono certa che una buona dose di questo, fosse tranquillamente evitabile. Chissà se ci si ricorderà e si considererà l’importanza del silenzio, quando tutto sarà finito.
Il secondo aspetto è il tempo libero. Tanto tempo libero che questa emergenza lascia ad una buona parte di noi…tanto tempo libero che lascia ai nostri figli. Non possono certo essere intrattenuti tutto il giorno con la televisione o internet, e questo vale anche per gli adulti. Spero che questa condizione abbia fatto riscoprire passatempi sani ed arricchenti come la lettura, la musica, il disegno, i giochi da tavolo e magari rinvigorito il rapporto di chi vive sotto lo stesso tetto. Spero si stia investendo tempo in cucina, nell’orto, nello sviluppo personale. Ce ne ricorderemo? Chissà…
E poi c’è il cibo, il cibo dal quale siamo tutti dipendenti che si voglia o no. Le limitazioni agli spostamenti per fare la spesa hanno cambiato le abitudini di molte persone. Se è vero che sono molti i grandi supermercati che consegnano a domicilio nei centri abitati di una certa dimensione, è altrettanto vero che in quelli più piccoli, questi non arrivano. Il loro servizio è impersonale e la loro presenza non è capillare. Ecco che allora tornano ad essere ricercate le botteghe e i piccoli negozi di paese. La loro funzione non è solo di mero servizio distributivo, bensì di relazione; veri e propri presìdi di fiducia del territorio e del tessuto sociale. Negli ultimi 10 anni, in Italia ad esempio, queste attività sono diminuite del 12%. Senza la spesa a domicilio, se abiti in una città o paese dormitorio e non ti puoi muovere in auto, la spesa non la fai! Chissà se ci ricorderemo che il nostro comportamento ha un ruolo determinante anche in questo, quando tutto sarà finito.
Di buono c’è che scarseggiano ad esempio lievito e farina, evidentemente ci teniamo o quantomeno ci impegniamo avendone il tempo, almeno ad impastare.
Ultimo ma non ultimo, l’ambiente. Le immagini dei canali di Venezia dove si vedono i pesci tanto l’acqua è limpida, le abbiamo viste tutti. Perdonatemi ma io la quarantena a Venezia la farei subito, e non poterla vedere di questi tempi mi rode da matti, accidenti! I delfini che arrivano fino al porto di Cagliari, la Pianura Padana che non soffoca più nello smog…
Abitare in mezzo alla natura o almeno avere un giardino non è per tutti, ma è sempre più importante. Lo so che è questione di scelte, che l’economia ci impone dei paletti e che siamo decisamente troppi, ma un compromesso è sempre possibile se lo approcciamo in modo consapevole. Chissà se ce ne ricorderemo.
Queste non sono che considerazioni personali, una piccola parte peraltro, che mi va di condividere. Ve ne sarebbero tante altre che temo però cadrebbero (o scadrebbero?) nella politica, per cui mi fermo qui. Ad un certo punto il Coronavirus verrà sconfitto e questa emergenza finirà, sciolta come neve al sole, ma un segno nella consapevolezza di ognuno, forse lo lascerà.
Oggi più che mai mi sovviene una frase di Thoreau con la quale mi congedo: “Un uomo è tanto più ricco, quante più sono le cose delle quali può fare a meno.”

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